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Una meraviglia di un vivido giallo è sempre un'attrazione irresistibile per un bambino: senza esitare, infilo la mano in mezzo alle lunghe alghe brune che ricoprono la parete costiera per afferrarla, ma la presa che oppone è tenace; uno strattone e la “cosa” viene su con me, insieme al ciuffo di alghe cui si era avvinghiata.

La curiosità e tanta, ma ora il mio sguardo è proteso in alto, verso la superficie: la fame d'aria comincia a farsi sentire.
Emergo; un veloce respiro, e subito rituffo la testa sott'acqua, ansioso di scoprire cosa abbia trovato. E i miei occhi si spalancano per lo stupore: con la coda ancora tenacemente aggrappata al lungo fusto dell'alga, nella mia mano reggo un cavalluccio marino.

Sono 'esperto' di vita marina, è da quando avevo cinque anni che non faccio altro che immergermi in qualunque mare mamma e papà decidano di portarci; ma una meraviglia così, davvero non l'avevo mai vista.

La gioia e lo stupore per questo regalo del mare traboccano, urge condividerli: con gesti e grida attiro in acqua mamma, papà e fratellino; è vero, spesso li ho costretti a tuffarsi per scoperte che forse non erano poi così interessanti, ma questa volta... e infatti, il loro stupore è davvero pari al mio; tutto ciò mi entusiasma, so di avere tra le mani qualcosa di unico.

Lo osserviamo insieme, rapiti dalla sua bellezza; si vede subito che non può essere un gran nuotatore, non fa che rimanere immobile sul palmo della mia mano, aprendo ritmicamente la bocca per respirare.

Ed è così bello: non voglio, non posso lasciarlo!

- “Mamma, posso tenerlo?”
- “Non è possibile, lontano dal mare morirebbe! È questo che vuoi?”

Questo mai!

Esito, ma l'ora del ritorno a casa è prossima: rapido mi immergo ancora una volta, portando questo tesoro con me laggiù, proprio dove lo avevo trovato. Non senza un rimpianto la mia mano si apre, e osservo rapito il piccolo gioiello del mare tornato nel suo regno.

Grazie Mamma: oggi so che è per le tue parole che non provo il rimorso per una fragile vita preziosa strappata al mare.

Quanti anni sono passati? Quaranta, forse più. Da allora tutto è cambiato: quelle lussureggianti foreste in miniatura che crescevano lungo le pareti rocciose non esistono più, divorate dalla nostra ingordigia. 'Pesca del dattero', questo è il nome del crimine insensato che ha devastato le nostre coste. Per sempre? Non lo so, per me è come se lo fosse; so solo che da allora non le ho più riviste.

Fortunatamente il mio personale rapporto con i cavallucci di mare non si è interrotto, e ho avuto la fortuna di incontrarli più volte nei nostri mari. E ogni incontro mi ha donato stupore e gioia proprio come in quel giorno, ormai così lontano nel tempo.
E ancora cerco di condividere queste emozioni, aiutandomi con le immagini, perchè ho scoperto che le parole da sole non sono sufficienti.

E così molti anni dopo quel primo memorabile incontro, in una tranquilla notte d'estate, mi immergo proprio nello stesso posto; e lì, ad attendermi sul fondo, in pochi metri d'acqua, ecco un altro spelndido cavalluccio, adorno della stessa gialla livrea.

Uno sguardo più attento rivela un rigonfiamento dell'addome: questo cavalluccio è “incinto”. Non riuscivo quasi a credere a quello a cui assistevo; il comportamento del cavalluccio era inusuale, contraeva il corpo ritmicamente, come in una danza aggraziata alla quale io solo avevo il privilegio di assistere; e questa volta con me avevo una videocamera.

I minuti scorrevano rapidi sul computer d'immersione, ma non mi sarei staccato dal cavalluccio fino all'ultimo istante utile.
E il premio per questa attesa supera ogni mia speranza: il cavalluccio si volge verso di me con un movimento aggraziato e poi, con rapide contrazioni, affida al mare il suo prezioso carico: una fitta nuvola di minuscoli cavallucci.

Io ho avuto il privilegio di assistere al parto di un cavalluccio marino nel suo ambiente naturale.

Passano veloci altri anni: ancora un'immersione, e trovo ancora un cavalluccio, in pochi metri d'acqua; però oggi non sono solo, e questa volta stupore e meraviglia si amplificano, riflessi negli occhi di due bambini che incontrano il cavalluccio per la prima volta: Dario ed Elena, i miei figli.

È a loro che dedico questo racconto, e a loro auguro di poter godere in futuro di un mare in cui tutto questo sia ancora possibile.